di Diego Mirabella
Da moltissimi anni è presente nella comunità scientifica un ampio dibattito sulla morte: non è sempre univoco e scontato definire tale concetto, poiché fa riferimento a un complesso insieme di effetti su un organismo vivente. La definizione più banale e scontata prova a delineare lo stato di morte come la cessazione delle attività biologiche, ma è davvero possibile considerare un istante momentaneo di inattività di alcune funzioni corporee come morte? Sarebbe forse più facile definire il concetto di morte partendo dalla definizione di vita che, per quanto sembri più facile da irreggimentare, risulta persino più complicata del concetto di decesso. Che cos’è la vita? Tale domanda è alla base di numerose filosofie e di innumerevoli studi scientifici, che hanno portato a definire la vita, nella maniera più universale possibile, come un’attività cosciente di esperienze, rese possibili grazie a una organizzazione interna della propria struttura biologica, che permettono la riproduzione. Ciò significa che l’organizzazione cellulare viene considerata un tassello fondamentale della definizione di vita, pertanto un batterio, un protista e un individuo pluricellulare vengono considerati come vivi, poiché in possesso di un’unità organizzativa fondamentale (la cellula) e in grado di riprodursi. Tuttavia esistono altre entità biologiche, che non presentano tali peculiari caratteristiche, ma che si comportano in maniera similare alle attività viventi: il caso più comune è il virus.
I virus non presentano le caratteristiche organizzative della vita, essi sono capsidi proteici contenenti acidi nucleici sparsi, eppure hanno l’innato istinto naturale alla riproduzione che, seppur mediata attraverso le cellule di un altro organismo, avviene in maniera coerente. I prioni sono un esempio persino più complesso: essi sono agenti infettivi di natura proteica che, causando mutazioni nei geni delle cellule, provocano una loro propria e continua replicazione, causa di pericolosissimi squilibri neurologici e cognitivi. I prioni sono a tutti gli effetti proteine o glicoproteine e pertanto pure e semplici biomolecole, prive dell’organizzazione di un vivente convenzionale, tuttavia essi inducono comunque processi di riproduzione: ciò si può considerare vita? La risposta non è univoca e, allo stato attuale delle cose, essa costituisce un limite scientifico non indifferente, poiché, se fossimo in grado di definire la vita, forse ci risulterebbe più facile irreggimentare una definizione di morte.
Tale introduzione è necessaria per chiarire l’annoso dibattito su due concetti tanto semplici nell’immediatezza quotidiana, ma così difficili da definire in ambito scientifico-razionale. Proprio per tali ragioni l’uomo ha sempre riscontrato grandi difficoltà a classificare e definire la morte di un individuo: inizialmente fu concentrata grande attenzione all’apparato cardio-circolatorio e all’apparato respiratorio. Già nelle civiltà più antiche era chiaro che l’interruzione del flusso sanguigno e/o della respirazione provocava un lento degradamento dell’organismo umano con una conseguente decomposizione. Tuttavia tali criteri di identificazione non sono più validi, dato che con lo sviluppo delle scienze mediche è possibile riattivare i battiti cardiaci interrotti e svolgere un trapianto integrale di polmoni se necessario. Vista l’inefficacia dei criteri utilizzati precedentemente, è stato spostato l’interesse in un altro centro vitale indispensabile: l’encefalo. Sin da una superficiale riflessione, è possibile comprendere che possiamo essere noi stessi con dei polmoni diversi, ma che non possiamo rimanere ciò che siamo in assenza del nostro encefalo: esso rimane in maniera incontrovertibile l’organo che più definisce ciò che siamo e l’insieme dei nostri comportamenti, indipendentemente dal fatto che esso sia o meno la nostra mente (ambito di discussione nel filone della filosofia della mente). È pertanto la morte cerebrale quella che viene considerata indispensabile per una diagnosi di decesso ed essa viene anche chiarita dall’Ordinamento Giuridico Italiano, il quale definisce la morte secondo precisi criteri, che tengono conto in particolar modo delle attività cerebrali (fulcro portante del processo di identificazione di un decesso). È infatti possibile definire una diagnosi di morte anche in presenza di attività cardiache, se l’encefalo è irrimediabilmente compromesso.
Tutto ciò potrebbe ancora costituire un grande ostacolo, perché cosa accadrebbe se la morte non fosse in realtà strettamente correlata alle attività cerebrali? Tale quesito è stato posto da un abile anestesista britannico, il Dottor Sam Parnia: egli ha deciso di raccogliere le testimonianze di persone che hanno sperimentato esperienze di premorte in cui le attività cerebrali erano effettivamente compromesse. Il Dottor Parnia chiarisce che, nel momento in cui il sangue smette di essere pompato, le cellule nervose perdono gradualmente la loro funzione, incontrando la completa inattività dopo otto ore. Tuttavia, anche in presenza di tale margine temporale, tali cellule esauriscono le proprie attività nell’arco di dieci secondi: ciò significa che il cervello non è più attivamente cosciente agli stimoli sensoriali esterni. Nonostante questa condizione di inattività, alcune persone hanno potuto testimoniare al Dottor Parnia esperienze ultra corporee, in qualche caso ricche di dettagli veritieri circa ciò che era accaduto attorno al loro corpo durante il processo di rianimazione. La domanda che ora ci si pone è la seguente: come è possibile che una persona, le cui capacità cognitive sono effettivamente compromesse in un lasso di tempo imprecisato, possa ricordare dettagli, in alcuni casi anche visivi, di ciò che avviene attorno a sé? Tale quesito porta a un’effettiva rivalutazione della morte, poiché potrebbe esserci un fattore che effettivamente non viene considerato: esiste forse uno spirito o un’anima che è legata all’encefalo, ma non si identifica in esso? Non è possibile rispondere a una domanda così delicata, poiché rientra in un ambito ancora inesplorato, definibile quasi come fantascienza, e, visto che l’indagine scientifica si occupa di fatti, temporaneamente non ci si può sbilanciare in una risposta. Ciò che è certo è che la morte nasconde ancora degli aspetti inesplorati e che è possibile identificare un insieme di fasi che riconducono all’effettivo istante del decesso. Probabilmente esiste un fattore ancora ignoto che potrebbe rivelare alcuni dettagli in più sulla morte, portando alla conoscenza di nuove tecniche mediche in grado di rianimare una persona anche in istanti successivi alla tanto discussa morte cerebrale. Forse un fattore tanto misterioso riuscirebbe a chiarire il lungo dibattito su vita e morte che è presente da anni, chiarendo definitivamente gli intervalli di vita e l’istante effettivo in cui passiamo da esseri viventi a non viventi. Tenendo conto di un aspetto prettamente materialista, è poi impossibile immaginare una cessazione vera e propria della nostra individualità: è sì vero che siamo composti da cellule, ma è altrettanto corretto affermare che esse sono assemblate da atomi e molecole, che anche dopo la nostra individuale morte continueranno a trovare una collocazione nell’universo attorno a noi.
Tutto ciò porta a un’importante riflessione su questo lungo processo che chiamiamo morte, è possibile vedere questo fenomeno sotto numerosi punti di vista differenti, aprendo il dibattito anche alla discussione di ambito etico. È nel fondamento stesso della scienza riconoscere i propri limiti e provare a superarli passo per passo e, un giorno, sarà forse possibile avere un quadro più chiaro sui fenomeni di vita e morte e capire anche cos’è che accomuna la nostra esperienza di vita biologica con quella di una biomolecola, apparentemente morta, come il prione.
FONTI:
-Intervista al Dottor Parnia: https://www.wired.com/2013/04/consciousness-after-death/
-Concetti per l’identificazione di morte: http://www.trapianti.salute.gov.it/imgs/C_17_cntPubblicazioni_159_allegato.pdf
-Definizione di morte nell’Ordinamento Giuridico Italiano: https://web.archive.org/web/20110926223114/http://www.sanfilipponeri.roma.it/trapianti/file/decreto%2011%20aprile%202008%20pdf.pdf
-Parte inerente a virus e prioni: competenze acquisite con la frequenza presso il Liceo Scientifico Evangelista Torricelli di Bolzano.