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Recensione: L’armonia come fondamento dell’universo

“Tutto quanto di meraviglioso avviene nell’universo è il risultato delle vibrazioni di singole unità, ultramicroscopiche stringhe nascoste nella profondità della materia. I ‘modi di vibrazione’, le ‘note’ intonate da queste stringhe, determinano la costituzione intima della materia, come corde di violino che eseguono una sinfonia cosmica ordinata e armoniosa”. Così Brian Greene, nel libro “L’universo elegante” (Einaudi, 1999), introduce la teoria delle stringhe, una delle principali candidate a rivestire il ruolo di teoria del tutto, la teoria universale per spiegare ogni aspetto del cosmo.
Conosciuta anche col nome di “superstringhe” o “M-theory”, la teoria delle stringhe si basa sull’idea che i componenti ultimi, fondamentali, dell’universo siano delle minuscole corde (le “stringhe”) che vibrano incessantemente. E proprio il particolare modo in cui vibrano determina le loro caratteristiche (massa, carica, energia, ecc.): ad esempio una stringa con una certa vibrazione rappresenta un quark, mentre un’altra con un altro modo di vibrazione costituisce un elettrone. Il fatto che negli esperimenti queste particelle risultino puntiformi è dovuto semplicemente al fatto che le stringhe sono così piccole da non essere visibili nella loro estensione con la risoluzione degli strumenti attuali.
Questa idea apparentemente semplice e fantasiosa è in realtà estremamente potente, poiché riesce nel principale intento della fisica teorica moderna: conciliare in maniera chiara e coerente la teoria della relatività con la meccanica quantistica, i due pilastri su cui poggia la fisica odierna. Pilastri, a cui Greene dedica in maniera eccelsa i primi capitoli di questo libro, che hanno ciascuno dalla sua parte un’infinità di evidenze sperimentali raccolte nell’ultimo secolo, ma che quasi paradossalmente sono inconciliabili. Mentre uno, la teoria della relatività, poggia sull’idea di un universo continuo e deterministico, il secondo, la meccanica quantistica, si basa su un cosmo discreto (non continuo come un telo ma “granuloso” come i pixel di uno schermo) e probabilistico. Due concezioni diametralmente opposte, che infatti trovano applicazione in due ambiti ben diversi: la teoria di Einstein si applica all’infinitamente grande (stelle, galassie, ecc.), mentre la teoria quantistica all’infinitamente piccolo (atomi, particelle subatomiche, ecc.). Tuttavia quando si cerca di conciliarle (ad esempio nei buchi neri, che sono allo stesso tempo enormi ma anche così densi da dare evidenza di fenomeni quantistici) ci si imbatte inevitabilmente negli altissimi muri che dividono le due teorie, così potenti ma pure così diverse. Ma l’idea di un universo “biforcuto”, che ammetta nella sua trama due teorie inconciliabili, non piace a nessuno, e così è nata la ricerca di una teoria del tutto. Tra le candidate, la teoria delle stringhe è la più promettente su molti aspetti, che questo libro riesce a presentare in maniera chiara e completa anche attraverso vari esempi, che a volte sembrano tratti più da una favola per bambini che da un saggio scientifico.
Questa incredibile teoria nasce nel 1968 da un’idea del ricercatore italiano Gabriele Veneziano, quasi come un costrutto matematico, per spiegare alcune caratteristiche degli adroni (particelle subatomiche formate da quark, come protoni e neutroni e le rispettive antiparticelle). Dopo un periodo di scarso interesse, gli incredibili sviluppi accorsi specialmente negli anni Ottanta attirarono l’attenzione di moltissimi fisici teorici e matematici, creando così una vera e propria schiera di “stringhisti”. E proprio la teoria delle stringhe rappresenta uno dei principali punti di incontro tra ricerca fisica e ricerca matematica, dato che i principali obiettivi degli stringhisti sono sia di carattere matematico (districare le difficilissime equazioni della teoria, che ad oggi sono solo approssimate e che richiedono dunque una “nuova” matematica), sia di carattere fisico (ideare esperimenti per trovare qualche evidenza sperimentale della teoria).
Già, perché nonostante l’enorme attenzione di cui gode, la teoria delle stringhe non gode ancora di nessuna prova sperimentale. E come insegnava Galileo, una teoria senza esperimenti non può dirsi scientifica, casomai filosofica. Questa mancanza è dovuta principalmente alla piccolezza delle stringhe, ancora lontane dall’essere risolubili con la sensibilità degli strumenti attuali. Ma i progressi teorici, cui ha contribuito anche lo stesso Greene, potrebbero portare presto ad ideare qualche “scorciatoia” per produrre risultati pratici in tempi utili. A questi tentativi di dare una veste “sperimentale” alla teoria sono dedicati gli ultimi capitoli del libro, preceduti dalla minuziosa e a tratti complessa (ma comunque comprensibile con un po’ di attenzione) descrizione della teoria stessa.
Tuttavia, anche se per ora nessuno può dire se la teoria delle stringhe sia o meno esatta, questo libro aiuterà innanzitutto a comprendere successi e limiti della fisica moderna, e se il lettore vorrà, potrà anche colmare efficacemente la curiosità verso questa teoria così potente e complessa, ma anche estremamente coerente ed armoniosa.

Dennis Verra

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