Off-Topic Psicologia

Il piacere dell’horror

Gli effetti psicologici che i film horror provocano su di noi sono da sempre oggetto di studio, ma ancor più dopo che alcune pellicole cinematografiche di questo genere hanno indotto preoccupanti reazioni in bambini e adulti. Per esempio, dopo la visione dell’ultimo horror di Ariel Schulman e Henry Joost, Paranormal Activity, alcuni spettatori hanno manifestato comportamenti anomali, come aggressività o terrore immotivato, fino a soffrire di disturbi fisici.
Come riescono semplici immagini proiettate su uno schermo, magari con il supporto di effetti speciali, a spaventarci a tal punto da poter addirittura modificare i nostri comportamenti nella vita quotidiana?
Per scoprirlo, abbiamo contattato il giornalista Roberto Inchingolo, laureato in scienze naturali e specializzato in comunicazione della scienza, autore del libro “Perché ci piace il pericolo” (Sironi Editore, 2013).

Roberto Inchingolo, cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?
Sono sempre stato affascinato dall’argomento, che dal punto di vista evolutivo sembra essere paradossale. Perché facciamo cose che ci mettono in pericolo, se l’istinto primario è quello di sopravvivenza? E perché siamo attratti dal pericolo, reale o virtuale che sia: sport estremi, videogiochi e film horror?

A proposito di film, cosa accade nel nostro cervello quando guardiamo un film dell’orrore?

Viene rilasciata la dopamina, il neurotrasmettitore della motivazione e del piacere. Sostanza che, seppur con differenze individuali, in generale innesca la voglia di ripetere quella esperienza.

Le scariche di dopamina prodotte durante la visione di un horror sono pericolose?

Il rilascio di dopamina (sotto forma di scariche), di per sé non è dannoso per la salute, anzi alcuni ricercatori ritengono sia addirittura salutare, perché durante la visione di un horror si provano emozioni intense, e non per forza negative, che possono anche essere liberatorie. Altri studi (non ancora però completamente validati dalla comunità scientifica) sosterrebbero addirittura che questi film aiutino i giovani ad affrontare situazioni reali di pericolo.

E nel caso dei bambini?

Ovviamente, per godere della visione di un film dell’orrore è importante avere la consapevolezza di ciò che è reale e di ciò che non lo è, altrimenti le reazioni sarebbero solamente negative: non riusciremmo minimamente a godere della visione e non ne trarremmo alcun piacere. L’effetto sarebbe solo un forte spavento. Anche se la visione di un horror difficilmente traumatizza a vita un bambino, proprio per le motivazione elencate sopra, è raro trovare bambini appassionati di questo genere di film.

Dunque la capacità di distinguere la fiction dalla realtà è alla base delle emozioni positive derivanti dalla visione di un horror?

Tutti proviamo emozioni forti davanti a un film, per esempio, di Dario Argento. Ma coloro che riescono a tenere presente che tutto ciò che stanno vedendo non fa parte della vita reale, sì magari si spaventano, ma in fondo provano emozioni positive. Chi invece non riesce a capire che l’ambientazione, i personaggi e le scene in generale non hanno nulla a che fare con la sua realtà viene al contrario influenzato negativamente. A tal proposito, alcuni scienziati hanno condotto un esperimento osservando le reazioni di due diversi gruppi di spettatori, cui hanno fatto vedere un film dell’orrore con modalità diverse. Un gruppo ha semplicemente visto il film, l’altro invece prima del film ha seguito un filmato nel quale gli attori parlavano di se stessi e dei personaggi interpretati. La reazione da parte del secondo gruppo è stata di gran lunga migliore in quanto gli spettatori, ricordando che gli attori sono persone con una vita normale, assolutamente distaccata dalle vicende del film, sono riusciti a controllarsi e a non farsi influenzare negativamente.

Ma cos’è che rende un film effettivamente spaventoso?

Gli elementi che più spaventano lo spettatore sono attentamente studiati e inseriti ad hoc dai registi: i lunghi momenti di tensione prima della scena clou; il non vedere direttamente il modo in cui l’assassino uccide, ma solo la scena successiva, quando la vittima è già morta; l’identificarsi, grazie a meccanismi empatici, con i protagonisti (le vittime, appunto); l’aspetto innaturale dell’assassino e la colonna sonora. L’uso della musica può alimentare infatti la tensione: per esempio utilizzando suoni simili alle urla di animali impauriti che noi inconsciamente colleghiamo a situazioni di pericolo. In generale è il clima di continua tensione, creato indugiando più sulla promessa del pericolo che mostrando l’insidia vera e propria, ad avere effetti considerevoli sull’organismo. La tensione, infatti, il senso di minaccia incombente e la paura agiscono sull’amigdala, che ha un ruolo fondamentale nel riconoscere il pericolo. E poi non c’è da sottovalutare che più riusciamo a immedesimarci nella storia, più ci facciamo coinvolgere e più la paura aumenta.

Le ricerche nel campo delle neuroscienze possono contribuire a svelare quali espedienti usare per incrementare la paura suscitata dalla visione di un film horror?

In effetti sì. Recentemente, alcuni ricercatori hanno fatto vedere film horror a gruppi di volontari tenendo costantemente controllate le loro reazioni grazie all’utilizzo della risonanza magnetica. In questo modo, osservando l’attività del cervello degli spettatori, è stato possibile valutare in quali momenti vivevano maggior tensione e di conseguenza come poter rendere un film ancora più drammatico e spaventoso, cambiando magari un’inquadratura, o la luminosità di una scena. Inoltre, in un futuro, potremmo assistere a film horror interattivi, la cui trama cambia sul momento a seconda delle reazioni dello spettatore.

Perché in alcune persone, sul terrore prevale l’attrazione verso la paura stessa e la ricerca di una sorta di “piacere” della paura?

Gli appassionati di film horror traggono puro piacere dalla visione del film, e non paura, perché riuscendo a distinguere la vita reale dalla finzione, riescono a godersi la trama e i colpi di scena. Ciò che spinge i veri appassionati del genere alla continua visione di questi film, è il rilascio di dopamina che, nel loro caso, provoca un piacere talmente intenso da desiderare di riprovarlo.

Claudia Simeoni e Isabella Ghizzi

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