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Dietro al mercato degli alimenti vegani

L’essere vegani è diventato per alcuni una moda da seguire, rischiando di perdere il motivo iniziale per cui le persone smettono di mangiare carne e derivati animali. Il movimento vegano parte da un principio eticamente condivisibile: l’idea di combattere le grandi marche che trattano gli animali in pessime condizioni, rifiutandosi di acquistare i loro prodotti. Per vestirsi ad esempio evitano pellicce o capi derivati da animali (dagli stivali di cuoio alle giacche di pelle).

Recentemente però, il mercato è riuscito a sfruttare anche questa filosofia di vita, lanciando una serie di prodotti vegani e aprendo le porte ad una nuova linea di commercio.

Il mercato dei cibi confezionati vegani è difatti in costante aumento, grazie a tutte le persone che cambiano radicalmente la loro alimentazione. In Italia già nel 2014 il 7,1% della popolazione aveva deciso di eliminare le proteine animali dalla propria dieta. Gli anni successivi la crescita complessiva è stata del 15%, coinvolgendo soprattutto gli individui tra i 18 e i 64 anni.

Ma davvero il cibo vegano delle marche più vendute è ciò che sembra?

In sempre più supermercati è presente lo scaffale vegano contenente prodotti di ogni tipo, tra cui: tofu, soia, seitan, alghe, “salumi” e “bistecche” vegetariane. Questi alimenti sono per la maggior parte già confezionati e imballati, con un grande utilizzo di plastica e contengono spesso conservanti, stabilizzanti o coloranti. Sono tutti additivi chimici nascosti dietro un nome poco noto o ad una sigla, che le persone in genere non conoscono.

Ciò che non tutti sanno, è che molti dei loro prodotti contengono le sostanze nocive contenute anche nei cibi confezionati tradizionali. Prendiamo ad esempio il più comune sostituto del burro: la margarina. Essa contiene quattro additivi chimici dannosi per la salute e oli di qualità spesso scadente. Un altro prodotto molto comune tra i vegani è il latte di soia. Oltre al fatto che la soia in se potrebbe essere OGM, la marca più comune contiene emulsionanti e conservanti. In oltre negli “affettati” vegetariani, ci sono spesso olii poco nutrienti e a basso costo.

Oltre agli additivi chimici nocivi, questi prodotti hanno un considerevole impatto sull’ambiente. In quanto spesso sono spediti da paesi lontani, come la Cina, con lunghi trasporti. L’immissione di CO2 nell’ambiente e i fertilizzanti impiegati per le vaste produzioni di soia ad esempio sono dannosi e inquinanti. Come scrive un articolo di Oggi scienza: i prodotti OGM, cioè organismi geneticamente modificati (come la sopracitata soia o il mais) e coltivati su vasta scala, danneggiano gli insetti che se ne nutrono e producono effetti irreversibili sull’ecosistema. Dato che non presentano molte delle sostanze nutritive necessarie allo sviluppo di molti insetti (ad esempio le farfalle), essi muoiono per queste carenze. Come può un vegano lasciare che questo accada?

Tirando le conclusioni, quanto sano e “al sicuro” può sentirsi davvero un vegano, sapendo che i prodotti a cui si affida di più possono contenere sostanze dannose? Il costante aumento nella popolazione vegana è una speranza verso un minor impatto ambientale oppure un semplice strumento in mano alle multinazionali e al commercio?

Laura Marcon 2F

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