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Da Bolzano importanti sviluppi nella ricerca sulle staminali

La cura di malattie neurodegenerative attraverso l’utilizzo di cellule staminali è sempre più vicina, grazie anche ai recenti studi svolti presso il Centro di Biomedicina dell’Accademia Europea EURAC di Bolzano. I ricercatori del centro altoatesino hanno infatti sviluppato una nuova tecnica, più economica e funzionale di quelle esistenti, per ottenere cellule staminali pluripotenti indotte.
Da alcuni anni questo genere di cellule sono al centro dell’attenzione della ricerca medica perché permettono di aggirare molti problemi etici legati all’uso delle staminali, ovvero cellule non ancora specializzate in grado di “trasformarsi” nelle cellule di cui ha bisogno l’organismo. Ad esempio, quando ci si ferisce ad una mano sono proprio le cellule staminali, specializzandosi, a diventare le cellule della pelle che vanno a richiudere la ferita. Tuttavia, come spiegato anche da noi in questo articolo, le cellule staminali presenti nel corpo adulto sono molto limitate, potendosi differenziare solo in alcuni tipi di cellule, tra cui mancano ad esempio le cellule nervose. È proprio per questo motivo che le malattie neurodegenerative sono attualmente impossibili da curare: non ci sono cellule in grado di sostituire i neuroni morti. Questo non accade invece nell’embrione, che essendo un individuo che deve ancora formarsi, è dotato di cellule staminali in grado di specializzarsi in qualsiasi tipo di tessuto. La ricerca medica si è quindi concentrata su queste cellule staminali, dette embrionali, il cui prelievo implica però l’uccisione dell’embrione, con tutti i problemi etici che ne scaturiscono.
La soluzione venne nel 2006 per merito degli scienziati giapponesi Kazutoshi Takahashi e Shinya Yamanaka, che scoprirono un modo per ottenere staminali paragonabili a quelle embrionali a partire da cellule adulte: le cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC). Da allora questo genere di cellule è stato oggetto di numerosissimi studi, ma il loro impiego su vasca scala è stato sempre ostacolato dal fatto che per ottenerle bisognava disporre di sangue fresco, con tutte le conseguenti problematiche temporali e pratiche. Almeno fino ad oggi.
La nuova tecnica sviluppata all’EURAC è infatti in grado di ricavare le iPSC anche da sangue congelato e con un minor numero di reagenti. “Questo permette di minimizzare i costi, i tempi di lavoro e anche la complessità delle operazioni da svolgere in laboratorio”, spiegano Viviana Meraviglia e Alessandra Zanon, ricercatrici del Centro di Biomedicina dell’EURAC e principali autrici dello studio. Si potrà infatti disporre di grandi quantità di sangue, scambiabili inoltre tra i vari ospedali e istituti di ricerca.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale “JoVE”, Journal of Visualized Experiments, che ha inviato nei laboratori del Centro di Biomedicina una troupe per filmare nel dettaglio tutti i passaggi della nuova tecnica, in modo che possano essere replicati anche in altri centri di ricerca. Una lezione di sana scienza collaborativa per tutti i sostenitori dell’infondato e misterioso Metodo Stamina.

Dennis Verra

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