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Cosa sono le cellule staminali

Negli ultimi tempi si sente spesso parlare delle cellule staminali, venerate come “cellule salvavita”, per le possibilità terapeutiche che sembrano offrire, e finite al centro dell’attenzione mediatica nell’ambito del dibattito sul caso Stamina. Ma cosa sono? Senza un minimo di conoscenza non è facile prendere consapevolmente posizione di fronte a informazioni spesso contraddittorie. E poiché l’ignoranza è madre di tante idee e decisioni scorrette, abbiamo pensato di provare a fare un po’ di luce su queste cellule che, secondo molti scienziati, rappresentano il futuro della medicina perché potrebbero permettere di curare malattie al momento incurabili.

Entrate al centro dell’interesse medico nel corso del secolo scorso, le staminali possiedono varie caratteristiche che le rendono uniche nel nostro organismo. Partendo da una definizione di base, le staminali sono cellule non ancora specializzate in grado di trasformarsi nei circa 200 diversi tipi cellulari che formano l’organismo: neuroni, cellule della pelle, cellule muscolari, cellule dell’osso, cellule del fegato e così via. “Si tratta quindi di cellule il cui destino non è stato ancora definito. In altre parole, una cellula staminale è come una cellula bambina che non ha ancora deciso cosa fare da grande” spiegano Ann Zeuner ed Elisabetta Palio nel libro Tutto sulle cellule staminali pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità. Rappresentano quindi un’importante riserva di “materiale” per l’organismo, cui attingere in caso di lesioni o in qualsiasi altra circostanza necessiti la sostituzione di cellule usurate con cellule nuove. “Sono cioè un inestinguibile serbatoio per la rigenerazione dei tessuti negli individui adulti, provvedendo in alcuni casi a ripararli e sostituirli se danneggiati”.

Più o meno specializzate

Esistono vari tipi di cellule staminali, differenti tra di loro prima di tutto per la loro “versatilità”, ovvero per la capacità di differenziarsi in diversi tipi di cellule specializzate, di diventare cioè cellule di tessuti o di organi specifici con funzioni particolari. Quelle più versatili sono le staminali totipotenti (per esempio lo zigote, la prima cellula frutto della fecondazione della cellula uovo da parte dello spermatozoo), in grado di dare origine ad un intero organismo. Le pluripotenti, invece, sono le cellule staminali dell’embrione che hanno la possibilità di trasformarsi in tutti i tipi di cellule del corpo. Nell’organismo adulto si trovano invece per lo più cellule staminali multipotenti, che possono originare solo alcuni tipi di cellule specializzate: per esempio le staminali neurali possono generare solo cellule tipiche del tessuto nervoso, mentre le staminali ematopoietiche sono in grado di differenziarsi solo in cellule del sangue. Infine ci sono le staminali unipotenti che, come dice il nome, possono differenziarsi in un solo tipo di cellula specializzata: queste si trovano solo nell’organismo adulto e costituiscono un serbatoio per rinnovare i tessuti, come per esempio la pelle.

Una, nessuna, centomila

Classificabili, dunque, per il livello di specializzazione, le cellule staminali si differenziano tra loro anche per “l’età”: dalle cellule staminali embrionali a quelle adulte.

Le prime, classificate come pluripotenti, si trovano per l’appunto nell’embrione (nei primi stadi del suo sviluppo) e sono considerate una risorsa preziosa per la medicina perché potrebbero essere usate per riparare tessuti e organi danneggiati oppure per curare gravi malattie. Al momento però non sono ancora usate per scopi terapeutici (anche se sono in corso delle sperimentazioni). Prima infatti bisogna trovare il modo di farle crescere in grande quantità, trovare un metodo efficiente ed economico per farle diventare cellule specializzate ed eliminare ogni rischio che diventino cellule cancerose. Inoltre l’utilizzo di queste cellule solleva problemi di carattere etico legati alla distruzione dell’embrione.

Per fortuna però non sono le uniche. Sono ricchi di cellule staminali il liquido amniotico, in cui è sospeso il feto durante la gravidanza, e i villi coriali, particolari strutture della membrana placentare. Famose sono poi le cellule staminali del sangue del cordone ombelicale, che al momento della nascita possono essere facilmente raccolte e conservate per scopi terapeutici. Da anni ormai vengono infatti impiegate nella cura di molte patologie ereditarie del sangue, del metabolismo, del sistema immunitario, quali per esempio il morbo di Gunther, la sindrome di Hurler e le leucemie.

E poi ci sono le staminali adulte, presenti in molti tessuti e organi del nostro corpo, che a differenza di quelle embrionali sono in grado di differenziarsi in una gamma più ristretta di cellule. Si trovano per esempio nel midollo osseo, dove generano ogni giorno miliardi di cellule del sangue, nel cervello, dove producono i neuroni, e nell’intestino. Non è chiaro però se esistono dappertutto: perché al momento in alcuni organi non sono mai state identificate.

Sono anche staminali adulte le cellule staminali mesenchimali, alla ribalta della cronaca perché sono quelle “usate” dalla Stamina Foundation. Si trovano in diverse parti del corpo umano e danno origine a cellule dell’osso, della cartilagine e del tessuto adiposo.

Medicina rigenerativa

Una delle peculiarità delle cellule staminali, che suscita particolare interesse, è la loro capacità di riprodursi continuamente, originando copie di se stesse oltre a cellule specializzate con determinate funzioni. Proprio per questo si descrivono le staminali come una sorta di serbatoio vitale che garantisce il continuo ricambio delle cellule dell’organismo man mano che queste si sfaldano, come nel caso della pelle o dell’intestino, o invecchiano e muoiono, come le cellule del sangue. E proprio per la loro singolare abilità rigenerativa, sono considerate utili per il trattamento di molte malattie. “Si sente sempre più frequentemente parlare di medicina rigenerativa per descrivere proprio una nuova branca della medicina che, ricorrendo appunto all’impiego delle cellule staminali, ha come scopo quello di riparare organi e tessuti danneggiati da malattie, traumi o dal semplice processo di invecchiamento” spiega Ann Zauner. Ma c’è ancora molto lavoro da fare per capire come usare queste cellule sui pazienti in modo sicuro ed efficace, anche se importanti traguardi sono stati già raggiunti. Per esempio le staminali del sangue sono usate per curare le leucemie, le cellule staminali corneali vengono trapiantate per riparare danni della cornea e con le cellule staminali della pelle vengono curate le ustioni. E sono in corso sperimentazioni cliniche che utilizzano cellule derivate da staminali embrionali umane per la terapia di lesioni del midollo spinale e alcune forme di degenerazione della retina che causano cecità.

Cellule ringiovanite

Un trionfo della ricerca nell’ambito delle staminali è ben incarnato dalle cellule staminali pluripotenti indotte: ottenute tramite una riprogrammazione di cellule differenziate adulte. Sono cellule staminali simili a quelle embrionali, capaci cioè di formare tutti gli organi e i tessuti del corpo, senza però sollevare i relativi problemi etici. “Queste rappresentano una risorsa molto promettente per la medicina, poiché permettono di ottenere da una persona adulta una sorgente di cellule staminali ‘simil-embrionali’ che potrebbero essere usate per curare la persona stessa senza rischi di rigetto. Tuttavia prima che queste cellule possano essere sperimentate per curare delle malattie è necessario che vengano studiate molto più a fondo” scrive Elisabetta Palio. E la ricerca, si sa, richiede tempo e pazienza (oltre a risorse e competenza).

La paternità di questo metodo di “indifferenziazione”, che permette in pratica di ringiovanire le cellule tramite il trasferimento di alcuni geni, va agli scienziati giapponesi Kazutoshi Takahashi e Shinya Yamanaka, che nel 2006 l’hanno applicato a cellule di topo e l’anno seguente a cellule umane prelevate dal tessuto cutaneo. Prima di poter pensare però a un loro impiego in medicina c’è un problema da risolvere: c’è il rischio, infatti, che le cellule riprogrammate favoriscano l’insorgenza di tumori nel paziente in cui vengono trapiantate. Insomma, c’è ancora un po’ di strada da fare per capire a fondo la biologia delle staminali pluripotenti indotte, per renderle sicure e poi verificarne l’efficacia terapeutica attraverso degli studi clinici.

Il controverso caso Stamina

In questo scenario di fervente ricerca sulle staminali si colloca il caso Stamina, un controverso trattamento proposto nel 2005 da Davide Vannoni, che non è uno scienziato, ma laureato in scienze della comunicazione. I dettagli disponibili sul procedimento previsto dal “metodo” Stamina sono pochi e confusi, addirittura insufficienti affinché la commissione brevetti statunitense potesse accogliere la domanda di Vannoni di brevettare il suo trattamento. Non esiste del resto uno studio scientifico sul metodo, non sono mai state pubblicate ricerche a riguardo, né documenti ufficiali che ne attestino l’efficacia.

Da quanto si sa, il trattamento consiste nel prelevare cellule staminali mesenchimali dal midollo osseo del paziente, quelle che tipicamente possono rigenerare tessuti ossei e adiposi, e trattarle in una soluzione di acido retinoico ed etanolo. Secondo Vannoni, due ore in questa soluzione dovrebbero essere sufficienti a rendere le cellule prelevate dal midollo osseo in grado di sostituire cellule neuronali. Quindi adatte al trattamento di un’ampia gamma di malattie neurodegenerative fra loro molto differenti: circa 120.

Tra le proteste della quasi totalità della comunità scientifica, anche internazionale, e i sostenitori del “metodo” Stamina (alcuni pazienti che sostengono miglioramenti in seguito al trattamento) si è aperto dunque un acceso dibattito, sul quale cercheremo di fare un po’ di chiarezza nel nostro dossier.

Lisa Boschetti, Giulia Culpo, Dennis Verra

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