Il Risorgimento – L’editoria
In Italia per la mancanza di un mercato nazionale, per la frammentazione politico-culturale, statuale e linguistica della penisola, nonché per la presenza di un’asfissiante censura, solamente nella seconda metà dell’Ottocento si affermò una industria editoriale. Anche con questi gravi limiti, tuttavia, la stampa svolse un ruolo di grande rilievo nella mobilitazione politica risorgimentale e un’azione pedagogica tra le classi popolari.
L’alto tasso di analfabetismo – il 75% della popolazione , l’esistenza di una varietà di dialetti che andava a discapito della conoscenza della lingua italiana soltanto il 2% parlava italiano, l’elevato prezzo dei giornali, la mancanza di punti di vendita specifici come le moderne edicole non permettevano una diffusione di massa dei periodici, le cui tirature rimasero sempre molto basse. La stampa, pertanto, si affidava per la diffusione direttamente ai canali associativi politici accentuando in tal modo il proprio carattere politico e di parte.
La produzione libraria risentiva degli stessi limiti del mercato di cui soffriva la stampa periodica e solamente per gli anni Settanta dell’Ottocento si può parlare di una vera e propria industria editoriale che andava lasciandosi alle spalle la struttura delle tipografie artigiane.
Di Anna Bisca, Pietro Ghellere, Elisa Giacopini, IV A
Bibliografia:
www.150anni.it
- Durante la Restaurazione, la censura e il rigido controllo delle monarchie sulla stampa permisero solo la pubblicazione di fogli filogovernativi, che, quasi sempre, presero il nome di “Gazzetta” e che si limitavano alla raccolta della legislazione. Ad esempio, nel 1858, uscivano 117 periodici nel Regno di Sardegna e 68 nel Lombardo-Veneto. Il quotidiano più venduto era la torinese «La Gazzetta del Popolo» che si attestava sulle 10 mila copie, mentre gli altri periodici vendevano in media non più di 2 mila copie. Fu lanciata con un prezzo molto contenuto (5 centesimi la copia e 12 lire l’abbonamento annuale) per favorirne la diffusione presso la piccola borghesia istruita. Di orientamento liberale, monarchico e anticlericale, la Gazzetta appoggiò la politica di Cavour e il programma risorgimentale di unificazione italiana.
- Giuseppe Mazzini dopo i moti del 1831, fermamente convinto che la stampa periodica fosse «la sola potenza dei tempi moderni», dette vita ad una lunga tradizione di giornalismo politico ispirando una serie di fogli, come la «Giovine Italia», rivista omonima dell’associazione di cui uscirono 6 numeri nel 1832. In questi sei fascicoli si esposero, essenzialmente nei saggi del Mazzini, i concetti del nuovo pensiero repubblicano politico sociale.
- Tra le riviste di maggior diffusione spiccava, invece, la «Civiltà Cattolica», affidata dalla Santa Sede ai gesuiti e nata per essere una risposta alla crescente influenza del liberalismo: già nel 1850 toccava la notevolissima cifra di 7 mila abbonati. Su sua esplicita richiesta la rivista fu pubblicata in italiano, e non in latino, come avrebbero voluto i superiori gesuiti. L’idea che spinse Padre Curci (gesuita, teologo e convinto sostenitore della necessità del potere temporale alla Santa Sede) alla fondazione della rivista fu quella di difendere «la civiltà cattolica», minacciata dai nemici della Chiesa, in particolare dai liberali e dai massoni, che andavano ispirando molte linee portanti dell’Italia risorgimentale.